L’argento è un metallo bianco, splendente, raro e si conserva inalterato per lungo tempo. Per questo motivo è sempre stato considerato un metallo prezioso ed è stato usato sin dalla più remota antichità per fabbricare oggetti che durano da secoli, come monete e gioielli. È duttile e malleabile, quasi come l’oro, quindi facile da lavorare. Oltre all’argento metallico si usano anche molti suoi composti, soprattutto per preparare le pellicole fotografiche. Ha ispirato poeti e scrittori: la Luna è d’argento, una risata è argentina.
Il brutto anatroccolo dei metalli
Un oggetto d’argento si riconosce da lontano: per splendore e riflessi è superato solo dall’oro. Però l’oro è già così in natura, mentre l’argento deve essere ricavato dai suoi minerali. In più l’oro se ne sta sempre da solo, l’argento preferisce la compagnia di altri metalli, in particolare quella del piombo, da cui si separa con una certa difficoltà. È proprio in un minerale del piombo, la galena, che possiamo trovare l’argento, anche se in piccolissime quantità. La galena è un minerale grigio, poco attraente. Solo dopo diverse operazioni di purificazione e di separazione dal suo compagno piombo, l’argento appare luccicante, trasformandosi da brutto anatroccolo in cigno seducente.
Perché queste differenze tra oro e argento? Perché l’argento è così affezionato al piombo? Perché si conserva meglio di tanti altri metalli, anche se meno bene dell’oro? Una risposta a queste domande sta nella natura chimica del metallo.
La carta d’identità dell’argento
L’argento è un metallo nobile, cioè ha poca tendenza a legarsi con quasi tutti gli altri elementi. Tuttavia ha un debole per un elemento molto diverso: lo zolfo. Questi è abbondante nella crosta terrestre e reagisce volentieri con quasi tutti gli elementi. Così l’argento, ovunque si trovi, viene catturato dallo zolfo per formare il solfuro d’argento.
L’argento si estrae dai minerali che contengono piombo, soprattutto la galena. Anche il piombo si lega bene con lo zolfo ed è molto più abbondante dell’argento. Ecco perché l’argento si trova spesso nei minerali di piombo sotto forma di solfuro ed è complicato separare i due metalli. Il piombo era conosciuto sin dai tempi più antichi, perché si ottiene facilmente dai suoi minerali che sono molto diffusi, e si lavora bene perché fonde a bassa temperatura. Molto probabilmente fondendo i minerali del piombo l’uomo si è accorto che qualcosa luccicava sulla sua superficie: era l’argento!
Una storia molto antica
Da quella scoperta casuale è nata la storia del ‘pallido metallo’. I primi oggetti di argento risalgono addirittura a circa 4.000 anni prima di Cristo e sono stati ritrovati in Anatolia e in Persia.
Per gli Egiziani l’oro e l’argento erano simili e figli dello stesso padre, il piombo, idea ripresa molti secoli dopo dagli alchimisti che partivano dal piombo per cercare di ottenere l’oro. La somiglianza tra i due metalli era evidenziata dalla loro scrittura geroglifica: il geroglifico dell’argento rispetto a quello dell’oro ha in più un piccolo segno verticale spesso associato al colore bianco. Quindi la traduzione sarebbe argento = oro bianco.
Inizialmente l’argento era raro e quindi molto caro: a Babilonia nel 17° secolo a.C. valeva circa un terzo dell’oro. In seguito la tecnica di estrazione si perfezionò e furono trovate molte altre miniere d’argento; così il suo prezzo cominciò a calare diventando assai inferiore a quello dell’oro (Marziale, poeta dell’antica Roma, prendeva in giro i ricchi che durante i Saturnali, solenne festa religiosa a carattere popolare, donavano meno di un chilo e mezzo d’argento!).
La maggiore disponibilità di metallo era soprattutto dovuta alla scoperta della coppellazione, una particolare lavorazione metallurgica che permetteva di ottenere grandi quantità d’argento dalla lavorazione del piombo.
La coppellazione avveniva fondendo il minerale di piombo in presenza di aria in un crogiolo poroso e resistente al calore: il piombo si ossida e si liquefà, solubilizzando tutte le impurezze, e viene lentamente assorbito dal recipiente poroso mentre, come scriveva Plinio, “l’argento galleggia in superficie come l’olio sull’acqua”.
Questo procedimento si diffuse in tutto il Mediterraneo. I Greci coltivarono le miniere di Laurion facendo scavare agli schiavi 2.000 pozzi profondi fino a 100 m: l’argento di queste miniere consentì ad Atene di avere a disposizione notevoli ricchezze.
I Fenici estraevano tanto argento dalle miniere spagnole da riempire completamente le stive delle loro navi. La leggenda racconta che per questo motivo eliminavano le ancore di piombo e le sostituivano con altre d’argento.
I Romani usarono largamente l’argento per coniare le monete e, da allora fin quasi ai nostri giorni, l’argento divenne il più diffuso metallo per gli scambi commerciali. Inoltre venne usato per servizi di posate e piatti della ricca aristocrazia romana, di cui ci restano importanti testimonianze. In seguito, in età medievale, sia in Occidente sia nella civiltà bizantina, l’argento venne soprattutto utilizzato per le suppellettili religiose e più avanti ebbe una considerevole parte nell’attività dei maggiori orafi rinascimentali come il Pollaiolo e il Verrocchio, che realizzarono in argento alcuni dei loro capolavori.
Un metallo nobile ma che lega bene con gli altri metalli
L’oro che risplende nelle gioiellerie contiene sempre argento: la sua presenza è indispensabile perché l’oro puro è troppo morbido e si scalfisce con facilità. Anche gli oggetti d’oro più fini contengono una notevole quantità d’argento: l’oro a 18 carati contiene 750 parti di oro su 1.000: il resto è argento o rame.
L’argento fa lega anche con altri metalli, in particolare con il rame nelle monete. Anche gli oggetti d’argento sono spesso una lega: dietro le posate d’argento è inciso il titolo (cioè la percentuale) dell’argento, espresso anche questa volta in millesimi.
Tuttavia l’argento se la cava benissimo anche da solo: molti oggetti possono essere in argento puro. Come l’oro, anche l’argento si usa per ricoprire oggetti (argentatura) fatti con metalli meno nobili e quindi più deteriorabili.
Anche i composti dell’argento sono molto utilizzati, soprattutto il nitrato d’argento, che viene usato nelle pellicole fotografiche perché è fotosensibile e si annerisce (come altri sali d’argento) quando è colpito dalla luce, rendendo l’immagine al negativo.
Pulire l’argento… con l’alluminio
Al contrario dell’oro, che resta inalterato per sempre, l’argento invecchiando perde lucentezza. Anche se non forma la ruggine come il ferro, sulla sua superficie compaiono brutte macchie scure di ossido e di solfuro d’argento, che si forma per reazione con l’anidride solforosa, prodotto tipico dell’inquinamento atmosferico. Già Plinio il Vecchio (23-69), nella sua Storia naturale, il più importante testo di scienze dell’antichità, scriveva che “l’argento annerisce anche con il rosso d’uovo sodo”.
Il motivo, che Plinio non conosceva, è che il rosso d’uovo contiene composti in cui è presente lo zolfo.
Di solito l’argento si pulisce con prodotti a base di ammoniaca, un po’ tossici. Ma si può ricorrere a un sistema del tutto innocuo.
Foderiamo un recipiente con carta d’alluminio e riempiamolo con acqua calda salata; quindi immergiamo l’oggetto d’argento da pulire. Dopo qualche ora tiriamolo fuori: vedremo che sarà diventato più lucente mentre lo strato di alluminio apparirà più scuro. L’effetto è migliore passando sull’argento un foglio di carta da cucina.
La spiegazione è che l’alluminio, metallo meno nobile, reagisce sottraendo ossigeno e zolfo all’argento che ritorna allo stato non ossidato. Il sale agevola questa trasformazione.